Il Dubbio

Nelle settimane scorse si è sviluppato un ampio dibattito a livello nazionale sulla proposta del leader di LeU, nonché Presidente del Senato, Pietro Grasso, di abolire le tasse universitarie. Il Rettore Basile si è pronunziato sull’argomento affermando che il mancato introito determinerebbe inevitabilmente una contrazione insostenibile dell’efficienza dei servizi per gli studenti, che di conseguenza causerebbe un calo del numero delle iscrizioni e non un aumento come spera Grasso. Il dibattito si è allargato trasformando il tema in una questione politica, ma con forti connotati di equivocità ovvero: a sinistra ci si batte per abolire le tasse, a destra per mantenerle. Ma è possibile speculare sull’Università per mera propaganda politica? Possiamo ricordare al Presidente Grasso (e lo ha fatto sulle colonne del Fatto Quotidiano – certo pubblicazione non di destra – un collega impensierito) che un terzo degli studenti universitari ha già ottenuto l’esenzione dalle tasse perché dichiara una posizione ISEE entro i 13mila euro. Possiamo prevedere facilmente che l’abolizione delle tasse universitarie avrà un effetto deleterio sul sostegno economico agli studenti meno abbienti, favorendo d’altronde l’evasione fiscale e la dipendenza dell’Università dalla politica.Possiamo sostenere la posizione della CRUI su questo tema. Non possiamo, però, fugare il dubbio che la proposta Grasso sia stata concepita in funzione di una data, il 4 marzo.

ECCELLENZA, EMINENZA, SANTITA’

I Dipartimenti di eccellenza si trovano al Nord. A Catania solo un Dipartimento eccelle nella lista dei 180 migliori, quello di Scienze Giuridiche. Economia che poteva sperare in un recupero non ce l’ha fatta. E’ questo veramente lo specchio dell’eccellenza universitaria italiana? Leggo sul documento del MIUR che l’eccellenza è stata valutata considerando la qualità della ricerca, dei progetti dipartimentali presentati dalle singole università, premiando così “qualità della ricerca, progettualità scientifica, organizzativa e didattica, nonché in riferimento alle finalità della ricerca del piano industria 4.0”. Una serie di domande nasce spontanea: ma i criteri della qualità della ricerca e della progettualità scientifica valgono anche per Scienze Giuridiche? L’eccellenza di Scienze Mediche è a Bicocca: ma come ha fatto il MIUR ha valutare i Dipartimento di Scienze Mediche di Catania se non esiste? I Dipartimenti di area medica a Catania sono quattro; quale avrà valutato? E il Biometec come è stato classificato? Tra i Dipartimenti di Scienze Mediche o quelli di Scienze Biologiche? Per le tante domande, una sola risposta: la modalità di assegnazione di questa cascata di milioni è decisamente poco chiara. E sono convinto che il nostro Dipartimento può puntare a qualcosa di più dell’eccellenza l’eminenza se non la santità).

Prova ed errore

Paolo Zamboni è un esempio. Non solo perché è tra i top scientists italiani e vanta un curriculum da far tremare le gambe ai migliori di noi, avendo lavorato per anni nelle Universitá americane più prestigiose, da Bethesda ad Harvard. Il Prof. Zamboni è un esempio di onestà intellettuale e di correttezza scientifica. È ricercatore presso l’Università di Ferrara e studia da anni l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale, una patologia che potrebbe essere correlata con la sclerosi multipla. Nel 2012 si intesta uno studio che chiama in modo enfatico “Brave Dreams” sull’ipotesi che un intervento di angioplastica possa migliorare il decorso della sclerosi multipla, patologia che presenta talvolta un’insufficienza venosa. Lo studio viene finanziato dalla Regione Emilia Romagna e dall’Universitá di Ferrara, e viene condotto con entusiasmo in numerosi centri italiani (alcuni pazienti arruolati anche presso l’Ospedale Cannizzaro di Catania). Oggi la pubblicazione dei risultati su JAMA Neurology e la loro comunicazione ad un Congresso di Neurologia a New York da parte dello stesso autore: tutto sbagliato, la sua ipotesi non regge, non ci sono prove sufficienti, la teoria si è sgonfiata come un pallone aerostatico senza più elio. Tutto inutile? lavoro perso? Penso di no: l’onestà intellettuale di questo ricercatore e la sua correttezza scientifica valgono più di qualsiasi altro risultato. È questo il modello cui riferirsi e che sta alla base dello stesso principio della ricerca secondo il concetto galileiano della “prova de errore”.

Editoriale

Leggo su La Repubblica del 27 settembre una nota a firma di Marta Occhipinti, solerte giornalista palermitana, che stigmatizza il fenomeno del nepotismo nelle università italiane sottolineando con enfasi come “tra il 2005 e il 2010 alla facoltà di Medicina di Catania sono state assunte 21 persone, con un 30 per cento di assunzioni sospette”. L’affermazione viene riferita ai due ricercatori italo- americani Stefano Allesina e Jacopo Grilli che hanno recentemente pubblicato un articolo sulla famosa rivista PNAS circa il fenomeno del nepotismo in Europa. Poiché la regola d’oro del bravo ricercatore è ancora quella dettata da Galileo Galilei della “prova ed errore” (fidarsi è bene, non fidarsi è meglio), sono andato a controllare personalmente: l’articolo cita una sola volta l’Università di Catania solo per sottolineare come tra il 2005 e 2015 ha registrato un calo del 18,3% dei professori strutturati. L’Università di Palermo, giusto per fare una comparazione, mostra d’altronde un calo ben maggiore, del 23%. E allora? Una sola conclusione: fare giornalismo con notizie di seconda mano è fin troppo facile. Andare a verificare le fonti non dovrebbe essere solo obbligo dei bravi ricercatori, ma anche dei giornalisti seri.