Il CENSIS ha dato i numeri, come ogni anno, e ha decretato che l’università di Catania (classificata mega-ateneo con un numero di iscritti superiore a 40.000 unità) si colloca al nono posto della relativa graduatoria nazionale. Le altre siciliane si ritrovano in graduatorie differenti perché considerate di minori proporzioni: Palermo (ma non aveva più studenti di quella di Catania?) è al settimo posto, Messina al dodicesimo nella graduatoria degli atenei con 20.000-40.000 iscritti. Ormai non mi sorprendo più: il CENSIS deve blandire gli atenei del Nord e ci riesce molto bene. Deve sedurre chi può commissionargli studi milionari, e merita quindi maggiore considerazione. Questa volta, però, le graduatorie sono talmente malformate che assomigliano più ad un aborto che ad un parto distocico, e le critiche si sono scatenate dai quattro punti cardinali. La prima e più importante è che queste famose graduatorie si basano su dati non verificabili e soprattutto non verificati, forniti direttamente dagli atenei. Come possiamo essere certi che, per esempio, l’università Kore di Enna (che compare in quarta posizione tra i medi atenei non statali) abbia strutture di valore superiore a quelle della Luiss di Roma? Seconda, non meno importante, è che le graduatorie sono formulate esclusivamente su valutazioni riguardanti i servizi e non la didattica o la produzione scientifica. Ciò significa che un ateneo che abbia aule moderne e funzionali, ma docenti ignoranti e scientificamente squalificati si può trovare in cima a queste graduatorie. Ma anche all’interno degli stessi indicatori utilizzati dal CENSIS c’è qualcosa che non va: per esempio, quello relativo alle borse di studio. L’indicatore non misura, infatti, la capacità di offrire borse agli studenti, bensì il bisogno o la richiesta dell’utenza in termini assoluti.
Tuttavia, ciò che lascia più perplessi è l’affermazione conclusiva che il Direttore del CENSIS, Massimiliano Valeri, presenta alla stampa nazionale sulla base di questi dati: gli atenei italiani devono puntare su ciò che l’Italia offre, cioè “il design e la moda”. E propone questa indagine come guida per la scelta dell’università da parte degli studenti delle scuole medie superiori. Ridicolo: il CENSIS propone di mandare al macero tutta la cultura scientifico-umanistica del nostro Paese per promuovere le nuove tendenze del sapere moderno? Mi spiace, mi dichiaro non disponibile.